Come ben riassume la giornalista Viviana Filippini nella prefazione“La prima chitarra non si scorda mai” è una raccolta di racconti corposa, ricca di storie e di avventure umane, nelle quali l’ironia e il doppio senso tornano in modo costante. L’ambivalenza del significato compare già nella denominazione di questo nuovo libro dell’autore bresciano e non fa che evidenziare la sua abile capacità di giocare e alludere con le parole. Nel nuovo volume di racconti, Roberto Baronchelli torna con la sua sferzante e disarmante ironia, celata nelle trame costruttive di ogni vicenda narrata. Questo permette di rendersi conto come l’ironia sia un sentimento costante della sua produzione letteraria, anzi sia “l’arma” grazie alla quale i personaggi, e anche l’autore, riescono ad affrontare ogni situazione ed imprevisto presentati dal vivere quotidiano. A differenza dei libri precedenti in questo nuova raccolta c’è un maggiore intrecciarsi di storie del presente e del passato, nelle quali non è difficile riconoscere usi, costumi, modi di dire e di fare recuperati dall’autore dalla propria terra: la Bassa pianura bresciana. Un prendere le memorie, che permette allo scrittore, da un lato, di far rivivere con le parole la brescianità di un mondo che non c’è più e, dall’altro, di dare alle nuove generazioni una sorta di mezzo, un libretto delle istruzioni per capire come vivevano e cosa facevano le generazioni del passato. Uno degli altri elementi stilistici che evidenziano il legame di Baronchelli alla propria terra è l’utilizzo del dialetto come in “Nà cartö arzentadö” o “Mort de fam”, dove il gergo popolare si integra all’italiano, dimostrando quanto possa essere colorito e incisivo il modo di esprimersi della gente comune della campagna, sempre impegnata nelle faccende di casa, nel lavoro dei campi e nelle stalle con gli animali. Persone dedite a ciò che permette loro di portare a casa la pagnotta, ma pronte anche a divertirsi con cose semplici e umili, con canti e spettacoli teatrali messi in scena non da attori professionisti, ma da amici pronti a recitare con entusiasmo, per strappare un sorriso e dare tranquillità ai compagni di avventure di sempre. Il dialetto, gli usi e i costumi del folclore popolare sono un evidente segno dell’attaccamento di Baronchelli alla propria famiglia e alla propria terra, perché essi sono i segni tangibili di quanto sia importante per lo scrittore il mantenere vive le proprie radici, in quanto è da essa che la vita prende sviluppo e memoria.
Il nuovo libro di racconti di Roberto Baronchelli è una raccolta sulla brescianità, elemento caratterizzante il suo stile di vita e di autore e simbolo del suo modo di essere. Baronchelli è un uomo che, senza proclami, si fa portavoce semplicemente con il suo modo di vivere, dei valori della nostra civiltà contadina, delle nostra famiglie d’un tempo e di oggi, famiglie più o meno allargate (anche se in modi diversi), oggi come allora.