L'ultima in ordine di tempo (forse, ma è probabile che quando questo articolo verrà pubblicato non lo sia già più) è stata una ragazzina di sedici anni di un paesino del salernitano, trascinata in un garage e stuprata per ore e a turno da un branco di coetanei, tutti minorenni. Questo è il fatto. Ma come viene percepita a livello sociale la violenza sulle donne? Facciamo un po' di chiarezza.
La prima volta che lo stupro inteso come un vero e proprio crimine entrò a far parte dell'immaginario collettivo degli italiani ha una data certa: 26 Aprile 1979. Quella sera, la Rai trasmesse il primo processo per stupro. Quattro uomini erano accusati di aver violentato una diciottenne. La tesi difensiva dell'avvocato dei quattro imputati fu a dir poco scioccante (cito da "Patria1978-2010 - il Saggiatore, Enrico Deaglio, pag. 65) : "Che cosa avete voluto? Avete voluto la parità dei diritti... avete cominciato a scimmiottare gli uomini. Portavate le vesti, vi siete messe i pantaloni... Se questa ragazza fosse rimasta a casa, se l'avessero tenuta presso il caminetto non le sarebbe successo niente. Perché è uscita? Perché ha accettato l'invito?". Uno degli imputati disse: "Le avevamo promesso cinquanta mila lire, ma poi non gliele abbiamo date, non siamo rimasti soddisfatti". E ancora, la madre di uno dei quattro accusati si espresse così. "Dovevano forse perdere l'occasione?".
Era il 1979. Da quel giorno, cosa è cambiato? Le stesse ragazze che allora venivano accusate di aver voluto dismettere le vesti per i pantaloni, oggi vengono accusate di portare minigonne troppo corte. Il messaggio è sempre quello: se subisci violenza, in fondo è colpa tua. Te la sei andata a cercare.
Mi è capitato spesso di sentire espressioni del tipo: "se vai nel bosco sai che ci sono i lupi", o anche alcune donne dirmi che, se dovessero diventare mamme, per loro sarebbe meglio avere un figlio maschio piuttosto che una figlia femmina, perché "con tutto quello che si sente in giro al giorno d'oggi!"... come se avere un figlio stupratore fosse da considerarsi meno grave del fatto di avere una figlia stuprata. Fino a qualche giorno fa, quando ho sentito un uomo di settant'anni vantarsi pubblicamente di aver sempre pagato tutte le donne con cui è stato. "E quelle che non ho pagato, mi sono costate tre volte di più", ha aggiunto.
Ma cosa si può fare affinché questo messaggio venga messo al bando? Quale può essere il deterrente? Lo stupro, contrariamente a quanto superficialmente molti credono, non nasce dal desiderio sessuale maschile nei confronti della donna, ma dalla volontà di imperio, dalla volontà di affermazione del poteredell'uomo sulla donna. La violenza di genere, sia fisica che psicologica, è innanzitutto un problema di educazione culturale. E i problemi di educazione culturale si risolvono con l'educazione e con la cultura.
Gesualdo Bufalino scrisse un giorno che "la mafia verrà sconfitta da un esercito di maestre elementari". Ma prima ancora della scuola c'è la famiglia. Ecco perché prima di tutto devono essere i genitori ad educare i figli, affinché rispettino le donne, e le figlie, affinché rispettino se stesse e smettano di pensare che "con tutto quello che si sente in giro" sia preferibile avere un figlio piuttosto che una figlia. Perché, come scrisse Simone de Beauvoir: "donne non si nasce, si diventa". Lo stesso vale per gli uomini. Come fare a raggiungere questo obiettivo? Dando ai bambini e alle bambine nuovi modelli di riferimento. Raccontando nuove storie. Tutti i genitori raccontano favole ai loro figli. E queste favole veicolano un messaggio, un messaggio inconscio che sedimenta per anni, e poi un bel giorno si desta. A chi dice che "se vai nel bosco sai che ci sono i lupi", da piccolo hanno raccontato la storia di "Cappuccetto Rosso". E allo stesso modo, forse, molte donne che subiscono violenza dal proprio compagno e tuttavia continuano a giustificarlo, forse si immedesimano con la protagonista del "La bella e la bestia", e pensano di poter trasformare il mostro in un principe. Diffidate da questi modelli, gli uomini violenti non diventano principi azzurri grazie alla forza del vostro amore. Raccontate nuove favole ai vostri figli e alle vostre figlie, date loro nuovi modelli da seguire. Non proponete loro l'immagine di sguattere trasformate in principesse per essere andate al gran ballo, smettete di farle credere nell'esistenza del principe azzurro. E imparate a parlare diversamente anche con i vostri figli maschi. Dite ai vostri bambini che piangere non è da femminuccia né da maschio, ma è semplicemente umano. Se vogliamo eliminare alla radice il problema della violenza di genere, se vogliamo rivoluzionare la percezione della donna all'interno della società attuale è bene partire anche da qui: è bene sapere che le rivoluzioni nascono in seno ai popoli, e i popoli nascono in seno alle famiglie. E se proprio volete raccontare ai vostri figli e alle vostre figlie qualche bella favola tradizionale, raccontategli "La Sirenetta", una storia d'amore tra "diversi".
Dopo la famiglia, la scuola. Ritengo necessaria introdurre in tutte le scuole italiane, fin dalla prima elementare una materia che tratti la storia delle donne. Tutto ciò che esiste ha una storia. E anche le donne ne hanno una. In tal senso, la grande maggioranza degli italiani è analfabeta. E allora dobbiamo imparare a leggere e scrivere al femminile. La storia delle donne dovrebbe essere insegnata in tutti gli istituti scolastici, così come vengono insegnate la matematica, la storia, la geografia e l'italiano. Al giorno d'oggi non è concepibile che qualcuno non sappia fare le tabelline o non sappia scrivere in un italiano corretto o coniugare i verbi. Attraverso un profondo processo di scolarizzazione, da portare aventi sin dalle elementari e fino alla maturità, espressioni come quelle sopracitate in riferimento alle donne devono arrivare ad essere considerate dall'opinione pubblica italiana assolutamente intollerabili. Fin'ora abbiano conosciuto solamente la versione di Adamo, è giunto il momento di conoscere anche la versione di Eva.
Dopo la scuola, il potere. Bisogna dare potere alle donne. Potere vero. Badate, non è retorica questa, né una questione di secondaria importanza. Prendiamo l'esempio degli Stati Uniti d'America: fino al 1965, fino cioè al "gran rifiuto" di Rosa Parks, la gente di colore non era libera neppure di sedersi in un posto qualsiasi di un pullman qualsiasi. Ma dal 1965 ad oggi è cambiato moltissimo, negli Stati Uniti. Oggi il razzismo non è certo scomparso, ma nessuno impedirebbe al presidente Obama di sedersi dove vuole; di più, nessuno pensa, nessuno riesce ad immaginarsi Obama come un nero extracomunitario, al pari, in tal senso, a molti di quei disperati che arrivano in Europa sulle carrette del mare. Nel giro di poco più di mezzo secolo, gli Stati Uniti sono passati da Rosa Parks a Condoleezza Rice e Barack Obama. Un processo simile deve avvenire anche in Italia. Per questo io vorrei avere un Presidente del Consiglio donna, un Presidente della Repubblica donna, un Presidente della Banca d'Italia donna. E poiché uno dei modi per avere il potere è influenzare l'opinione pubblica, vorrei vedere delle donne dirigere il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, le vorrei vedere direttrici di telegiornali e di tutti gli altri media che formano l'opinione pubblica.
Qualcuno potrebbe obiettare che trascuro il merito a vantaggio del genere. Forse. Ma se questo processo così radicale prendesse davvero piede, le distanze tra uomini e donne si avvicinerebbero molto, e ad un uomo non sembrerebbe più così strano avere come capo una donna, e le donne, fornite della giusta e necessaria coscienza di sé, saprebbero riconoscere l'effettivo merito di un uomo che le rispetti. E' un processo a lungo termine, me ne rendo conto. Ma il compito principale della politica è quello di scommettere il più possibile sul futuro, e poi da qualche parte bisognerà pur cominciare. Ricordando l'insegnamento platonico, secondo cui "alle nature uguali bisogna assegnare mansioni uguali", combatteremo la violenza di genere ponendo a fondamento della nostra Repubblica l'educazione famigliare e scolastica, unita all'effettivo potere politico delle donne.